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mercoledì 12 gennaio 2011

MILANO - «Mappa del crimine» per capire la città






'IDEA DI UN GIOVANE GIORNALISTA: PER UN ANNO HA GEOLOCALIZZATO I FATTI DI CRONACA NERA

«Mappa del crimine» per capire la città

Risultati anche inattesi: più crimini sugli assi dello shopping che in alcune periferie dalla fama negativa


Sarà abbastanza sicura la via dove sto per comprare casa? Le zone della città di cui si parla tanto, come via Padova, sono davvero così pericolose? Quali sono le vie di Milano più «a rischio» per quanto riguarda rapine, furti, teppismo, spaccio, aggressioni? Domande che tutti si pongono, ma alle quali non è facile dare una risposta obiettiva: spesso si è condizionati da stereotipi, da «sentito dire», da una sorta di effetto-traino delle notizie di maggior richiamo. Daniele Belleri, 25 anni, da poco giornalista professionista, free lance, ha provato a rispondere prendendo in prestito un sistema già molto diffuso negli Stati Uniti: la geolocalizzazione dei crimini. Da gennaio a dicembre 2010 ha seguito le agenzie di stampa, i siti internet di notizie locali e le pagine di cronaca nera dei quotidiani, e ha inserito su una cartina di Google maps (vai alla mappa) tutti gli episodi segnalati, distinguendoli per tipologie. Ha così tracciato una «mappa del crimine» di Milano, su un blog che ha chiamato «ilgirodellanera», l'espressione usata in gergo tra cronisti.
ZONE E COLORI - Il colore rosa indica lo sfruttamento della prostituzione, il rosso le rapine, il verde lo spaccio di droga, un teschio gli omicidi, un pugno le risse, una pistola le sparatorie, una croce rossa i gravi incidenti stradali e sul lavoro, e così via. Belleri sta ora completando il suo lavoro con una serie di mappe «settoriali» zona per zona. Per esempio, per quanto riguarda la Zona 1 (centro storico), ha notato che i crimini - soprattutto risse e aggressioni - si sono concentrati nel 2010 all’interno della triangolazione sud-est, quella che ha come vertice superiore piazza del Duomo e come vertici inferiori piazza Aquileia e piazza XXIV Maggio, e in piazzale Cadorna. Nessun omicidio nel corso dell'anno.

PERIFERIE TRANQUILLE - Le sorprese non sono mancate. «Alcune delle periferie tradizionalmente più malfamate sono risultate imprevedibilmente tranquille, almeno per quanto riguarda i crimini che sono arrivati all'attenzione della cronaca», racconta Belleri. E fa una serie di esempi: la Barona (il quartiere del film «Fame chimica»), il Gratosoglio, la Comasina, la parte di viale Monza dopo il cavalcavia. Anche Quarto Oggiaro ne esce bene: soltanto qualche contestazione alla polizia in occasione degli sgomberi. A Chinatown le risse e gli accoltellamenti si concentrano nelle viuzze a nord di Paolo Sarpi. In via Padova, il tratto effettivamente «caldo» è quello centrale, i primi 500 metri; nei restanti tre chilometri e mezzo non è stato segnalato praticamente nulla.
SORPRESE NEGATIVE - Ci sono invece zone inaspettatamente pericolose: per esempio, scippi e rapine si concentrano lungo le arterie dello shopping, quindi sull'asse Buenos Aires-Venezia e Duomo-San Babila. «Paradossalmente, si rischia di più a passeggiare in corso Vittorio Emanuele che in certe vie periferiche». Molto «calda» nel 2010 anche la zona di via Valtellina, in corrispondenza dell'ex Scalo Farini (ora sgomberato), delle grandi discoteche e di piazzale Maciachini.


L'IDEA - «Io sono di Brescia, abito a Milano da 7 anni e mi è sempre piaciuto girare per la città e scoprirla», racconta Belleri. «Volevo creare una sorta di racconto che fosse anche utile. A fine 2009 cercavo casa, ed ero incuriosito dalle quotazioni bassissime in alcuni quartieri. Così ho cominciato ad andare a vedere molte case, per avere l'opportunità di entrare nei palazzi, nei cortili, e vedere con i miei occhi». Belleri si sta facendo aiutare da docenti di urbanistica e sociologia, perché sente il bisogno di dare un'interpretazione dei dati da lui raccolti e messi online. «Questo modo di raccontare la città può avere delle conseguenze sul modo di pensare della gente. Non mi interessa creare una curiosità morbosa, ma al contrario portare a un miglioramento, interessare le autorità perché abbiano indicazioni utili». In alcune grandi città estere, come a Londra, sono proprio le forze dell'ordine a rendere pubbliche queste mappe. Belleri lo auspica anche per l'Italia: «Così i cittadini potrebbero farsi un'idea aggiornata della situazione, e magari cadrebbero certi pregiudizi e certi stereotipi. Mi sta molto a cuore che non entri in gioco una dinamica deterministica, per cui il quartiere in qualche modo condizionerebbe il comportamento dei suoi abitanti. Continuerò questo lavoro nel 2011 e mi piacerebbe ampliare la riflessione, con l'aiuto di esperti», conclude Belleri.
Sara Regina
Da Il Corriere della Sera -  il giro della Nera

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