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lunedì 7 settembre 2009

MILANO - La Borsa prepara il trasloco da Piazza Affari

La Camera di Commercio di Milano chiede più di un milione per l'affitto
LUCA FORNOVO
MILANO



Cosa sarà Piazza Affari senza Piazza Affari? Borsa italiana deve fare i conti con la crisi e per stringere i cordoni per risparmiare, oltre a ridurre il numero dei dipendenti, rischia di perdere la storica sede di Palazzo Mezzanotte, in Piazza Affari nel cuore di Milano. Più che uno sfratto, un trasloco forzato, dettato dal caro-affitti imposto dalla Camera di Commercio, che farebbe perdere un pezzo di storia, un luogo simbolo della comunità finanziaria in Italia, infliggendo un duro colpo all’immagine di Borsa fino a incrinarne la veste istituzionale.

Secondo quanto risulta a La Stampa, la Camera di Commercio di Milano, proprietaria del Palazzo ideato nel 1927 dall’architetto Paolo Mezzanotte e inaugurato nell’ottobre del 1932 da Benito Mussolini, avrebbe chiesto molto più di un milione di euro per il nuovo canone d’affitto. Il vecchio contratto scadrà a fine 2011 ma il rinnovo o la disdetta devono essere decisi entro la fine di quest’anno. Le trattative tra Camera di Commercio e London Stock Exchange-Borsa italiana, il nuovo colosso che dal 2007 ha unito la Borsa italiana a quella di Londra, sono serrate ma aperte. A ottobre potrebbe arrivare una soluzione definitiva: disdetta o rinnovo. Ma finora è ancora tanta la distanza tra la richiesta della Camera di Commercio e quanto è disposto a offrire la Borsa italiana. Laconico il commento sulla vicenda di un portavoce dell’Lse di Londra: no comment.

Oltre a perdere un simbolo della comunità finanziaria dove fino al 1994 c’era il mercato alle grida e dove ora si tengono centinaia di meeting e dove Consob presenta la sua relazione annuale, per Piazza Affari è un problema trovare un altro quartier generale dove sistemare i circa 450 dipendenti, senza contare poi che Palazzo Mezzanotte ospita pure un Centro Congressi. La Borsa finirà allora nella periferia di Milano, come è successo alla Deutsche Boerse a Francoforte? Tutto ancora può essere. Certo è che la vicenda non può essere relegata a una banale lite sull’affitto, ma è una questione di prestigio per la città di Milano, di qui l’auspicio che il Comune e il sindaco Letizia Moratti intervengano per trovare una soluzione. Se non si troverà un accordo Palazzo Mezzanotte tornerà sotto la gestione della Camera di Commercio, che potrebbe trovare un altro affittuario anche se con la crisi del mattone non sarà facile trovare un nuovo inquilino.

Nella storia delle Borse il cambio di sede per risparmiare non è una novità: è successo a Francoforte, all’Euronext a Parigi e anche all’Lse, che ora si trova al numero 10 di Paternoster Street di fronte alla cattedrale S. Paul. Forse è un segno dei tempi, prima la privatizzazione delle Borse poi le grandi fusioni, come è successo a Lse-Borsa italiana, hanno portato a cambiare le strategie. Si punta di meno alla promozione, alla comunicazione, all’immagine. Si fa più attenzione ai servizi commerciali, alla profittabilità dei business, alle piattaforme di trading e al taglio dei costi.

È questa l’impronta che sta lasciando il nuovo amministratore delegato Xavier Rolet, da maggio al timone di Lse-Borsa italiana. E forse il tempo gli darà ragione, ma ora il rischio che la Borsa perda smalto nel suo ruolo istituzionale e di vetrina per le aziende spaventa non pochi addetti ai lavori. Intanto Rolet va avanti a tambur battente con la riduzione dei costi ad ampio raggio: la sede, i dipendenti e anche la piattaforma tecnologica (vedi box in pagina). Tutto per tenere testa alla concorrenza e alle nuove piattaforme alternative che da inizio 2008 si sono già mangiate il 25% dei volumi del listino della City. Così alla Borsa di Londra è già stato ridotto l’organico di un’ottantina di persone su un totale di 500. Mentre per i dipendenti di Borsa italiana è stato avviato un programma volontario di esodi incentivati che ha riguardato una sessantina di persone su 500. Da Borsa italiana è uscito anche un gruppo di dirigenti che non hanno fatto ricorso al piano d’incentivi.
Tra questi il direttore finanziario Paolo Ciccarelli (che ha lasciato l’incarico nel 2008 e ora è in Barclays), il responsabile del new business Bruno Siracusano, dimessosi a giugno e ora Alessandro Pavesi, per nove anni direttore della comunicazione. Secondo fonti finanziarie Pavesi, in precedenza ex capo ufficio stampa di Pirelli, Credito italiano, Olivetti, Ina Assitalia e portavoce dell’ex ministro del Tesoro, Piero Barucci, ha dato le dimissioni nei giorni scorsi.

Da La Stampa

1 commento:

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)