Letizia Moratti contraria al ridimensionamento contrasta i piani di Bossi e Tremonti e teme che la Bie possa non accettare di veder stravolto il progetto vincitore
di Giuseppina Piano
Eccolo, il coniglio tirato fuori dal cilindro da Bossi e Tremonti. Con i leghisti al lavoro per approfittare di un effetto collaterale del «piano B»: smantellare l’Expo Spa guidata da Stanca.
Addio alla nuova Milano con la via d’acqua e i piroscafi sui Navigli, con una nuova linea metropolitana (la M6), con la zona di Rho-Pero rivoltata come un guanto. Addio ai padiglioni costruiti a fianco della Fiera che c’è già. Il risultato sarebbe un’Expo che non sarebbe più l’Expo. Quasi a costo zero perché circa un miliardo investito per la preparazione dell’evento dovrebbe rientrare, nel 2015, con gli affitti agli espositori e i biglietti venduti.
Non è detto che il piano riesca. Ma l’ipotesi è più che seriamente allo studio. Due le controindicazioni: Letizia Moratti proprio non può accettare di vedere azzerato in questo modo il suo Expo. E assicura: «Non è possibile, va contro il dossier presentato al Bie». Ieri, in un lungo colloquio a Roma a Palazzo Grazioli con il premier Silvio Berlusconi, deve aver rappresentato tutte le sue perplessità. Ma sa altrettanto bene, il sindaco, che se Tremonti non gli dà i soldi dovrà piegarsi al piano-B. Secondo, e più rilevante, problema: il Bie, il Bureau internazionale che assegna le Esposizioni universali, potrebbe davvero non accettare di vedere stravolto il progetto vincitore tanto più che la costruzione di un nuovo sito era stata una condizione espressamente posta per la candidatura.
Sarà già dura fargli digerire il già deciso azzeramento della nuova linea M6 (costo 870 milioni di euro, opera che il dossier di candidatura assicurava essenziale per reggere l’afflusso di 29 milioni di visitatori a Rho-Pero). Le norme che regolano le Esposizioni dicono che il Bie potrebbe ritirare l’Expo a Milano, non accentando il nuovo progetto. E incassando pure una salata penale dallo Stato italiano. Ma Berlusconi e Tremonti hanno una carta pesante da far valere oltre alla crisi economica mondiale: il terremoto in Abruzzo. E forse, maligna qualcuno, sarebbe un modo indiretto per arrivare a far saltare il banco.
Certo l’Expo del 2015 sarebbe travolto. Dei 4 miliardi preventivati come essenziali per costruire il nuovo sito, 1,2 servivano per costruire i padiglioni e il parco della nuova area espositiva; 1,8 per le nuove infrastrutture di accessibilità, e di questi 870 milioni sono già stati cassati con la metrò 6, 530 non potranno resistere per la Via d’Acqua e la Via di terra. Resterebbero da trovare i 374 milioni per potenziare quello che c’è già con nuovi svincoli e parcheggi. Il resto del budget, circa 900 milioni, servivano per pagare i sei anni di preparazione e i sei mesi di apertura: un investimento che dovrà comunque ripagarsi nel 2015. I tagli del resto sono assicurati anche sul pacchetto delle opere non direttamente collegate all’Expo ma comunque strategiche per il 2015, dalle nuove autostrade lombarde ai metrò 4 e 5 di Milano, alle ferrovie per Malpensa.
E la Lega? Bossi vuole aumentare il peso in Lombardia nel complicato risiko di potere che aprirà con Berlusconi dopo le elezioni di giugno. In ballo c’è la presidenza al Pirellone l’anno prossimo. Ma in ballo c’è anche, guarda caso, la Fondazione Fiera. Di certo il Carroccio sta attaccando a muso duro Lucio Stanca con ogni pretesto. E con Leonardo Carioni, contemporaneamente presidente dell’immobiliare di largo Domodossola Sviluppo Sistema Fiera e membro del Cda Expo, come testa d’ariete: prima su Palazzo Reale, quindi sugli organici. «Pensano di assumere 80 dipendenti, quando alla Pedemontana lavorano 20 persone», ha dichiarato giusto due giorni fa. E pazienza se al Toroc delle Olimpiadi di Torino lavoravano in 900. Una strategia che mira chiaramente a costringere Stanca, arrivato a capo dell’Expo con la carta bianca data da Berlusconi, a patteggiare tutto il potere. Con la Fiera dentro agli appalti e alla gestione di quel miliardo che sopravviverebbe. E con il grande business del dopo-2015 sul tavolo di trattativa: resterebbe da definire cosa fare delle aree a Rho-Pero dove si dovevano fare i padiglioni. Si potrebbero lasciare non edificabili come non edificabili sono oggi? Difficile crederlo.
Piuttosto, si dovrà decidere se svincolarle per un nuovo quartiere. O piuttosto assegnarle comunque al trasferimento dell’Ortomercato cedendo in cambio ai proprietari (Fiera e Cabassi) i 700mila metri quadrati lasciati liberi dai mercati in via Lombroso. In un caso o nell’altro, business del mattone.
(22 maggio 2009)
Da la Repubblica
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