LA PROVOCAZIONE. Lo storico lastricato ha 227 anni, l’area verde centrale 136. E qualcuno pensa che siano troppo vecchi per non meritare almeno un ritocco
Zeffirelli vorrebbe ampliare il Listòn, i commercianti chiedono di ridurre i giardini E il dibattito si riapre
Verona. Sembra che ci siamo. Le condizioni ci sono tutte. Un'amministrazione civica «forte» nei numeri e nel decisionismo (favorita anche da un'opposizione così flebile che rasenta la nullità); i poteri che contano in città, quelli «del schéo» per intenderci, che spingono per allargare il Listón e spianare i giardini; un artista, Franco Zeffirelli, magari un po' bolso e demodé ma che gode ancora di molto credito in città, che garantisce la copertura - in tutti i sensi - del progetto. Et voilà, la Bra, il cuore di Verona, pronta per uno degli stravolgimenti che nel corso del tempo, soprattutto negli ultimi due secoli e mezzo, ne hanno più volte mutato l'aspetto. E stavolta l'attacco è duplice, quasi una manovra a tenaglia, da un lato il settecentesco Listón, dall'altro il giardino ottocentesco. Il primo d'altronde ha 227 anni e il secondo 136, si capisce quindi che qualcuno reputi giunto il tempo di cambiare.
[FIRMA]CAMBIARE, DUNQUE. Ma per cosa? Per migliorare esteticamente questa strana e grande piazza tutta sghemba che non si sa da che parte prendere, ma che porta in sè i segni del trascorrere dei secoli, dall'anfiteatro d'epoca romana al rinascimentale palazzo della Gran Guardia, dall'ottocentesco neoclassico municipio alla sfilata di edifici di epoche diverse sul quarto lato, quello occidentale, senza dimenticare i portoni e il tratto di mura medievali? Oppure, cedendo all'air du temps, per un guadagno immediato che rimpingui le tasche già pingui di osti, ristoratori e «resdore» di turno, allargando a dismisura il plateatico come in altre parti del centro?
Staremo a vedere. Intanto val la pena di ripercorrere alcuni dei passaggi che hanno segnato i cambiamenti della Braida, che i veronesi nel loro dialetto hanno troncato in Bra' (andrebbe infatti con l'apostrofo), un toponimo che ci hanno lasciato in eredità i Longobardi, i quali con questo termine, che ha la stessa radice del goto «braips» o del tedesco «breit» («largo»), indicavano la pianura e poi, per estensione, un campo o un prato nei pressi di una città.
1782. È in quell'anno che, nell'ultimo scorcio del governo della Serenissima, destinata a perire di lì a un quindicennio, la parte occidentale della piazza è lastricata con «bisteccone» di marmo rosso della Valpolicella. Nasce il «Listón», come ci racconta, in veste di cronista d'eccezione, Goethe, che descrive il divertente andirivieni di vezzose dame e cerimoniosi cavalieri che si fanno lustri sulle pietre non ancora lustre del «Listòn». Quello che ora si vuole raddoppiare di dimensioni, coprendolo mezzo con grandi tendoni.
1822-1848. In vista del Congresso della Santa Alleanza dell'autunno 1822, che porta a Verona tutti gli imperatori che avevano sconfitto Napoleone per creare il «nuovo ordine mondiale» dell'epoca, il fondo della piazza vien raschiato di oltre mezzo metro per farlo gualivo. Un paio d'anni prima, nel 1820, l'architetto Giuseppe Barbieri aveva rifatto il trucco alla Gran Guardia ultimandone la facciata, dopo di che tra il 1831 e il 1848, sul lato orientale della piazza, per chiuderla degnamente, viene abbattutto il rione di Sant'Agnese per far posto a un nuovo palazzone in stile neoclassico, che dal suo progettista si chiama Palazzo Barbieri, municipio solo dal 1869.
1873. Tra grandi polemiche l'Amministrazione comunale della Verona diventata italiana nel 1866, guidata da Giulio Camuzzoni, vara la realizzazione del grande giardino centrale, formato tra tre grandi cerchi posti intorno a un cerchio più piccolo, destinato a ospitare una fontana.
1883. In piazza arriva il monumento a Vittorio Emanuele II, il re morto da cinque anni. Nel settembre dell'anno prima anche la Bra, come tutta Verona, era finita sott'acqua, inondata dall'Adige. A fargli compagnia, il 25 aprile 1947, arriva il monumento al Partigiano. Ora Zeffirelli vuol piazzarci pure quello a Maria Callas, greca di nascita, ma veronese d'adozione, per nozze.
1975. Al centro del giardino viene creata l'attuale Fontana delle Alpi, realizzata per simboleggiare il gemellaggio tra la città scaligera e Monaco di Baviera. I veronesi la ribattezzano subito «strucalimoni», per la forma caratteristica che ricorda proprio uno spremiagrumi.
Giancarlo Beltrame
Da L'Arena
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