Gianmario Longoni: lavori fermi e criminalità, gli sponsor ci abbandonano
Il patron dello Smeraldo:«Caos
cantieri, chiudiamo il teatro»
Il ritardo nella realizzazione dei box sta mettendo in crisi i negozianti. «Terra di conquista per ladri e spacciatori»
MILANO - Pronto a chiudere lo Smeraldo. «Perché la situazione è insostenibile». Gianmario Longoni, il patron del secondo teatro italiano, vive ingabbiato. Il parcheggio infinito di piazza XXV Aprile lo circonda e lo Smeraldo si è trasformato in una ridotta militare. Manca solo il filo spinato. «Ci troviamo in una zona di guerra. Per raggiungere il teatro c’è un percorso a ostacoli, bisogna superare un cantiere, in una zona dove il degrado è imperante, dove gli spacciatori regnano incontrastati, dove le donne hanno paura di uscire dopo mezzanotte». Il cantiere davanti allo Smeraldo (Fotogramma)
Longoni non sta dipingendo una sua fantasia. All’angolo tra viale Monte Grappa e lo Smeraldo, ogni sera, ogni notte, un gruppo di una decina di spacciatori controlla il territorio. Fanno le ronde. Sono i padroni della zona. Si nascondono tra le cesate del cantiere. Tre anni di sofferenza. Che potrebbero moltiplicarsi per tre. «I lavori sono quasi fermi. In tre anni è stato fatto quello che in un paese civile si fa in sei mesi. Si sono accorti che c’erano le Mura Spagnole! Ma come si faceva a non prevederlo? Di solito accanto alle Porte ci sono le mura. Ma evidentemente per loro è solo importante fare affari. Il teatro è stata la chiave per speculare sulla zona». Perché è proprio questo il punto che più fa arrabbiare Longoni. Il mancato riconoscimento del ruolo svolto dal suo teatro.
«Ci viene voglia di chiudere, perché è frustrante non vedere riconosciuto il nostro lavoro. Con 200 mila persone che ogni anno vengono a passare il loro tempo libero, quello migliore, a teatro. Non ci si ricorda che il nostro lavoro ha generato ristoranti, locali, corso Como, ha innalzato il valore degli immobili della zona, ha creato il concetto di Garibaldi-Repubblica. Prima dello Smeraldo tutto questo non c’era». Gli «smemorati» per Longoni hanno nomi e cognomi. Le ultime due amministrazioni di centrodestra di Gabriele Albertini e Letizia Moratti. «Cosa chiedo alla politica? Di avere il coraggio di prendere una decisione. Se un progetto scellerato è fallito, si chiuda. Sono uomini di destra? Facciano gli uomini di destra, prendano decisioni brusche e violente. Mi sconvolge la mancanza progettualità sulla cultura. Nessuno dice niente perché ha paura di sputtanare chi c’era prima di lui. Io, questo, la chiamo omertà».
E aggiunge: «Noi siamo a rischio chiusura, abbiamo perso gli sponsor. Noi siamo dei privati che non utilizzano denaro pubblico. E qui siamo di fronte a un progetto pubblico- privato fallito (il parcheggio, ndr) che rischia di far crollare un progetto privato (il teatro, ndr) che ha un valore sociale per questa città». Eh sì, perche Longoni ha parecchi dubbi sull’avanzamento dei lavori. «Sono fermi. Non si capisce se c’è un problema di liquidità dell’impresa. Rischiamo di ritrovarci intrappolati per altri dieci anni». Ritardi insostenibili. Che hanno già fatto delle vittime. Come il tabaccaio della piazza. Ha perso tutto. «High Tech» ha ventilato l’ipotesi di chiudere il negozio mandando a casa 50 persone. L’Ottica Artioli è stato svaligiata, vetrine sfondate ed espositori ripuliti. Il custode di un palazzo vicino ha trovato il vetro del portone spaccato e divelto, una bustina vuota e tracce di sangue nell'ingresso. Adesso, anche lo Smeraldo. «Tutta la zona — conclude Longoni — è sull’orlo del tracollo. E una persona che fa il panettiere non è meno importante di una persona che fa La Fura dels Baus. Mi ricordo che l’assessore Goggi mi disse: 'Il disagio durerà sei mesi'. Il danno di questi tre anni non sarà compensato neanche dal lavoro dei prossimi 20 anni».
Maurizio GiannattasioDal Corrire della Sera
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